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Nell’ambito del patrimonio culturale immateriale di Salemi spicca la festa delle Cene di San Giuseppe, iscritta al Registro delle Eredità Immateriali di Sicilia (REIS), che si celebra il 19 marzo in onore del santo. La celebrazione e la ritualità connesse hanno origini pagane rintracciabili nel culto della dea greca Demetra e al tema della fertilità, del risveglio primaverile e quindi della ripresa delle coltivazioni.

All’interno delle case della cittadina vengono allestiti altari votivi denominati “cene”, riccamente decorati con elementi vegetali e soprattutto con piccoli pani votivi realizzati artigianalmente dalle donne del paese. Queste produzioni, espressione di saperi e tecniche secolari, vengono chiamati “cuddureddi” e raffigurano animali, piante, utensili, simboli religiosi e altre rappresentazioni a formare un altare suggestivo e riccamente decorato. Evento importante della tradizione è il pranzo offerto all’interno delle Cene a tre poveri, o tre bambini, simboleggianti la Sacra Famiglia.

L’altare è strutturato su tre ripiani:

  • Nel primo livello, sono presenti i pani di maggiori dimensioni. Al centro è posizionato il “Cucciddàtu” che ha la forma del sole a simboleggiare la luce divina. È destinato a chi impersona Gesù bambino e nella sua decorazione riprende simboli della sua infanzia, come la camicia e il gelsomino, ma simboli della sua futura Passione come i chiodi, il martello, le spighe. Spesso presenta anche la lettera “G”. A destra un altro grande pane chiamato “Parma” è invece destinato alla bambina che personifica la Madonna. Nella simbologia presenta la palma da datteri legata alla fuga di Maria dall’Egitto. A sinistra viene collocata il “Vastuni”, pane a forma di bastone ricurvo destinato al piccolo interprete di Giuseppe. Tra i simboli raffigurati il giglio e gli strumenti di lavoro;
  • Nel secondo ripiano vengono riproposti i medesimi pani, ma in forme ridotte;
  • Nel terzo ripiano sono posizionati un pane a forma di ostensorio (Spèra) a simboleggiare l’Eucarestia, uno a forma di Calice e due a forma di angeli in preghiera;

A corona dei tre ripiani, l’altare viene riccamente decorato con pani che riprendono altri elementi simbolici. Sotto il primo ripiano o in alto sulla cupola è posizionato il pane a forma di croce (salvezza), un altro a forma di gallo (riferimento a San Pietro), due scale disposte intorno alla croce, chiodi, martello, lancia, tenaglia e altri simboli della Passione di Cristo. Sempre a contorno incontriamo l’aquila simboleggiante la resurrezione; le colombe segno di pace; l’angelo annunziatore; attrezzi da lavori assegnati alla figura di San Giuseppe; piccoli pani a forma di rosa simbolo di purezza e tanti altri che riprendono fiori, frutta, ortaggi, animali. Molti di questi, soprattutto di piccola dimensione, vengono appesi ai lati tra rami e foglie. La Cena figurativamente vuole quindi imitare una chiesa con struttura in legno o ferro ricoperta con ramoscelli di alloro e successivamente adornata con i pani artistici. Tutta la scenografia è poi arricchita con drappi, tovaglie, vasi, frutta, decorazioni in cartapesta.

Il vero e proprio banchetto prende avvio già due giorni prima in cui la padrona di casa prepara una gran numero di portate che, secondo la tradizione, non devono essere inferiori a 19 e possono arrivare a 101. Alla loro base vi sono quasi tutti ingredienti poveri e del territorio come cereali, verdure, ortaggi, uova, frutta, pesci. Non sono mai utilizzati piatti a base di carne in vista del periodo di quaresima. Il tutto è allestito nella stanza in cui viene posizionato l’altare della Cena. Dopo che i piatti vengono benedetti dal sacerdote, il padrone di casa lava e bacia le mani dei tre bambini o poveri invitati per poi dare avvio al pranzo. Secondo la tradizione il bambino più piccolo taglierà una fetta di pane: ad una grande fetta corrisponderà un ricco raccolto, mentre una più piccola simboleggerà una annata meno propizia. Il pranzo si conclude con la tradizionale “pasta con la mollica”, spaghetti conditi con mollica di pane insieme a olio d’oliva, zucchero, cannella e prezzemolo. Il piatto viene offerto a tutti i visitatori fino a tarda notte; il 19 Marzo infatti è una celebrazione che interessa tutta Salemi in cui la cittadinanza e i turisti si spostano a visitare le tante case in cui sono allestite le Cene in una manifestazione che include anche musiche e canti.

Nelle Cene è infatti possibile assistere alla recita delle “Parti di San Giuseppe”, monologhi solitamente in dialetto che riprendono cantilene, preghiere, litanie e canti tramandati oralmente tra gli ultimi depositari di queste storiche conoscenze.

La festa pone al centro la semplicità e i valori dell’ambiente familiare e della convivialità attraverso la figura di San Giuseppe particolarmente legata a questi elementi. La preparazione di pani votivi lavorati artisticamente si ripropone anche nelle celebrazioni di altri santi attraverso i “cuddureddi” e “cavadduzzi” di San Biagio, i “cucciddati” per San Francesco di Paola, i “cudduri” per Sant’Antonio Abate e Santa Elisabetta, o le “manuzze dei morti” per la commemorazione dei defunti e il “carcocciulu” per le festività natalizie. Grazie a tutte queste realizzazioni, frutto della maestria della comunità locale, assegnano a Salemi il titolo di “Città dei pani”.

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